Anche i servizi sanitari non tollerano il precariato

Anche i servizi sanitari non tollerano il precariato

Published On: 29 Novembre 2024|Categories: Lavoro pubblico e Privato|

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea torna sulla questione della precarizzazione del rapporto di lavoro con una pronuncia – questa volta relativa a prestazioni rese nell’ambito dei servizi sanitari – che conferma l’incompatibilità col diritto dell’Unione di quelle misure nazionali che consentono di ricorrere ad una successione di contratti a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze permanenti.
La cartina di tornasole della normativa interna infatti resta il rispetto nonché l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che consentano di individuare a) le ragioni obiettive che giustificano il rinnovo dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato b) la durata massima complessiva degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi e c) il numero di rinnovi di questi ultimi.
Ebbene, la Corte dichiara a chiare lettere di non potersi ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti nel servizio sanitario che appartengono alla normale attività del servizio ospedaliero ordinario. Occorre invece che sia verificato concretamente che il rinnovo di successivi contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato miri a soddisfare esigenze provvisorie.
Ebbene dalla situazione della Signora Perez, protagonista del rapporto contestato innanzi al giudice spagnolo, le sue successive nomine al fine di garantire servizi sanitari ospedalieri non sembravano costituire mere esigenze provvisorie del datore di lavoro (lo stesso giudice del rinvio qualificava la copertura di posti nel settore dei servizi sanitari mediante nomine di personale con inquadramento statutario a termine un «male endemico» avendo stimato in quel caso che circa il 25% dei posti della dotazione organica del personale medico e sanitario della regione madrilena erano occupati da personale assunto con nomine di carattere occasionale di durata media da cinque a sei anni, ma che alcune di queste superano i quindici anni di prestazioni ininterrotte di servizi!).
La Corte ammette peraltro che la discrezionalità dell’amministrazione quando si tratta di creare posti strutturali analogamente a quella di convertire un contratto a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è suscettibile di costituire un rimedio efficace contro l’uso abusivo dei contratti temporanei.
Tuttavia – si badi bene – pur se, in via di principio, una normativa nazionale, che ad esempio consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi per sostituire il personale in attesa dell’assegnazione dei posti strutturali creati è suscettibile di essere giustificata da una ragione oggettiva, l’applicazione concreta di tale ragione deve, tenuto conto delle particolarità dell’attività di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, essere conforme agli obblighi dell’accordo quadro.
La Corte – in definitiva sotto questo aspetto – dichiara incompatibile con il diritto dell’Unione la normativa nazionale che sia applicata dalle autorità dello Stato membro interessato in modo tale che non esista alcun obbligo per l’amministrazione competente di creare posti strutturali che mettano fine all’assunzione di personale con inquadramento statutario occasionale e che gli sia permesso di destinare i posti strutturali creati all’assunzione di personale «a termine», in modo tale che la situazione di precarietà dei lavoratori perduri, mentre lo Stato interessato conosce un deficit strutturale di posti per il personale di ruolo in tale settore.
Infine, la Corte interpreta la clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, nel senso che essa non si oppone, in via di principio, ad una normativa nazionale che impone che il rapporto contrattuale termini alla data prevista dal contratto a tempo determinato e che si proceda alla liquidazione di ogni pagamento, senza che ciò escluda un’eventuale nuova nomina. Tale normativa però non deve essere di natura tale da rimettere in causa l’obiettivo o l’efficacia pratica di tale accordo quadro (circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare).

Avvocato Giorgia Motta

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